Il trapianto
Il trapianto è un dono che offre ai pazienti una terapia potenzialmente salvavita1 e dev’essere preservato grazie dalla qualità delle cure somministrate lungo tutto il percorso, che richiede un’esperienza ad ampio raggio e multidisciplinare2. La salvaguardia di una ricchezza come la donazione si deve accompagnare ad una gestione ottimale dell’assistenza post-trapianto, alla promozione della ricerca e dell’innovazione ed alla condivisione di dati ed esperienze2.
I dati mostrano che ogni anno in Italia vengono eseguiti circa 4.000 trapianti di organi solidi (SOT)3 e più di 5.300 trapianti di cellule staminali ematopoietiche (HSCT)4.
I pazienti che ricevono un trapianto devono aderire, spesso a lungo, a regimi di farmaci immunosoppressori per favorire l’attecchimento ed evitare il rigetto e la GVHD5.
Tuttavia, gli immunosoppressori inibiscono la risposta immunitaria, rendendo l’organismo più vulnerabile alle infezioni, tra cui quella da Citomegalovirus (CMV)6.
Il CMV post-trapianto
Il CMV è un virus a DNA a doppio filamento appartenente alla famiglia dei beta-herpesvirus, che infetta comunemente gli esseri umani stabilendo latenza per l’intera durata della vita dell’ospite; l’evidenza sierologica di pregressa infezione è riscontrata in una percentuale stimata del 30-90% delle persone nei Paesi industrializzati7.
Nei soggetti immunocompetenti, il CMV è generalmente asintomatico o lieve7. Tuttavia, quando l’immunità dell’ospite è indebolita, come nei pazienti che hanno ricevuto un trapianto, il CMV latente può riattivarsi e causare un’infezione seria sia a livello sistemico (infezione disseminata) che a carico di molteplici organi ed apparati (polmoniti, retiniti, gastriti e coliti ulcerative, surrenaliti, epatiti etc.)8,9.
L’infezione da CMV minaccia la vitalità del trapianto di organo solido (SOT)10,11, la funzione d’organo12, l’attecchimento del trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSCT)13 e la vita stessa dei pazienti14,15. Può verificarsi riattivazione dell’infezione da CMV latente nel paziente stesso (D-/R+, D+/R+) o, nel caso di trapianto solido, dell’infezione latente nell’organo trapiantato e trasferita dal donatore (D+) al ricevente (R-). Il meccanismo di riattivazione è in gran parte sconosciuto, ma è fortemente correlato alla compromissione del controllo immunitario del virus16.
Il successivo decorso dell’infezione da CMV viene determinato dal tipo e dall’intensità dell’immunosoppressione. Se la risposta immunitaria T-cellulare risulterà sufficientemente competente nonostante la terapia immunosoppressiva, l’infezione virale attiva sarà controllata dalle cellule T dall’ospite. Tuttavia, in presenza di un significativo grado di compromissione nella risposta T-cellulare, può insorgere un’infezione scarsamente o per nulla controllata associata ad elevata carica virale ed infiammazione persistente.17
Se il ricevente trapianto risulterà profondamente immunocompromesso, la replicazione virale non sarà controllata e l’infezione disseminata da CMV raggiungerà livelli di carica virale ancora piu elevati e perduranti nel tempo e si assocerà frequentemente a malattia invasiva tissutale con rischio di fallimento d’organo e decesso17.
Refrattarietà e resistenza
Nonostante i progressi delle strategie terapeutiche, il CMV rimane una complicanza importante nel paziente ricevente il trapianto. L’infezione da CMV può anche non rispondere alle terapie antivirali attualmente disponibili in commercio indipendentemente dalla presenza di mutazioni genotipiche note per essere associate alla resistenza a queste terapie18.
La mancanza di risposta ai trattamenti è definita come “infezione da CMV refrattaria/resistente” 18.
La refrattarietà dell’infezione da CMV, così come descritto dalle linee guida europee, si verifica quando la viremia aumenta dopo almeno due settimane consecutive di trattamento antivirale a dosi appropriate. La resistenza invece è associata ad una mutazione del virus, verificata a livello molecolare, che lo rende resistente all’azione dei trattamenti18.
Gli approcci terapeutici
La letteratura medica ad oggi disponibile suggerisce per la gestione dell’infezione da CMV post-trapianto, le due seguenti strategie:
- la profilassi
- la terapia pre-emptive
La profilassi consiste nella somministrazione di antivirali per lungo periodo, a tutti i pazienti che hanno ricevuto un trapianto, indipendentemente dal rischio di sviluppare un’infezione da CMV. Questo approccio, ampiamente utilizzato sia in seguito a trapianto di organi solidi che in seguito a trapianto di cellule staminali ematopoietiche, ha dimostrato non solo di essere efficace nel ridurre la riattivazione del CMV, ma anche nella riduzione del rigetto, della mortalità e delle infezioni opportunistiche. D’altro canto, è anche associato al possibile sviluppo di resistenze, agli eventi avversi delle terapie utilizzate e all’infezione da CMV ad esordio tardivo in seguito a sospensione della profilassi19.
Quest’ultimo rappresenta uno dei più importanti limiti di questo approccio.
La terapia pre-emptive, invece, consiste nel monitorare i livelli di viremia nel paziente sottoposto a trapianto e somministrare antivirali solamente quando si registra la presenza del virus oltre una soglia predeterminata nel tentativo di prevenire la progressione dell’infezione da CMV20,21; il beneficio a lungo termine di tale approccio si dimostra nello sviluppo di un’immunità CMV-specifica, pertanto ha il vantaggio di tenere la malattia ad un tasso più basso di infezione, di evitare l’effetto mielosoppressivo-nefrotossico dei farmaci tipicamente utilizzati durante la profilassi e di promuovere la produzione naturale delle difese contro il CMV 22.
Nella pratica clinica l’utilizzo dell’uno e dell’altro approccio è molto variabile e dipende dall’esperienza del clinico e dall’organizzazione dell’ospedale in cui si opera.
E’ fondamentale non sottostimare il burden del CMV nei pazienti soggetti a trapianto di HSCT e SOT.23
Le terapie comunemente utilizzate nella prevenzione e nel trattamento delle infezioni da CMV e malattia d’organo terminale, possono causare eventi avversi rilevanti e potenzialmente lo sviluppo di resistenze agli agenti antivirali. 23
Le nuove opzioni terapeutiche rispondono all’unmet need di adeguata efficacia, biodisponibilità, e ridotta tossicità e resistenza incrociata con i farmaci attualmente disponibili, considerando anche la combinazione di farmaci diretti a target virali differenti.24
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